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bilancio di missione 2016

  • PARTE PRIMA

  • PARTE SECONDA

  • PARTE TERZA

  • PARTE QUARTA

  • PRECEDENTI EDIZIONI

  • Relazione sulla gestione del portafoglio finanziario

    1.1 Il quadro economico e finanziario

    La crescita dell’economia internazionale nel 2016 è risultata complessivamente moderata (2,8%), in decelerazione rispetto all’anno precedente, condizionata da una debole intonazione del commercio internazionale. Rispetto al 2015 in particolare il rallentamento è legato ai paesi industrializzati (1,5% vs. 2% dell’anno prima) mentre quelli emergenti hanno confermato ritmi di crescita più elevati (3,6%) e in linea con l’anno precedente (3,7%).
    Gli Stati Uniti, in primis, hanno rallentato il loro contributo alla crescita globale: il Pil è cresciuto dell’1,6%. Nonostante la tenuta della bilancia commerciale, si è affievolita la spinta dalla domanda interna: i consumi delle famiglie hanno retto (pur non ripercorrendo l’intensità di precedenti espansioni) ma si è ridotto il contributo di investimenti e spesa pubblica. Su quest’ultima in particolare c’è forte attenzione all’evoluzione prospettica considerando il programma annunciato dal Presidente neo-eletto Trump.
    Nell’area UEM, si evidenzia una crescita del Pil per l’intero anno dell’1,7%, in leggero peggioramento sull’anno precedente per il minor apporto dei consumi privati (anche legato alla riduzione del potere d’acquisto) non compensato dal consolidamento del ciclo degli investimenti. L’andamento si è ancora una volta confermato desincronizzato tra i vari paesi dell’area: l’Italia ha evidenziato una maggiore gradualità nella ripresa (se pur in accelerazione nell’ultima parte dell’anno) rispetto a quelle in atto nei maggiori partner europei. La crescita dell’area UEM, in particolare, pur risentendo del debole andamento del commercio internazionale, continua ad essere trainata dalla domanda interna, favorita in generale da condizioni finanziarie favorevoli, dal miglioramento del mercato del lavoro e da un’inflazione ancora contenuta. La Banca Centrale Europea ha confermato il sostegno per riportare l’inflazione in linea con gli obiettivi mediante politiche non convenzionali.
    Nonostante l’esito positivo alla “Brexit” del referendum del 23 giugno, nel Regno Unito la congiuntura economica ha per ora solo leggermente rallentato (ritmo di crescita del Pil nel 2016 pari all’1,8%) pur crescendo, comunque, l’incertezza su investimenti e crescita potenziale dei prossimi anni ricollegata alla effettiva strategia di uscita dall’UE.
    Relativamente ai paesi emergenti, i timori che hanno caratterizzato la prima parte d’anno si sono progressivamente diradati: in Cina la crescita congiunturale dell’economia è risultata sostanzialmente regolare, favorita dal programma di sostegno ai consumi perseguito dal governo; l’impatto della forte caduta del prezzo del petrolio su diversi paesi produttori nella prima parte d’anno (il brent ha toccato i 26 dollari al barile, i minimi degli ultimi 13 anni) si è poi affievolito a seguito dell’accordo raggiunto a fine settembre tra Paesi membri OPEC e successivamente anche con i principali non OPEC (tra cui la Russia) per tagliare la produzione e sostenere i prezzi (brent in area 55 dollari a fine anno). La maggior parte di essi, comunque, sembra evidenziare un miglioramento delle condizioni finanziarie e una maggiore resilienza agli shock rispetto al passato, nonostante i potenziali effetti negativi legati all’annunciata politica protezionistica di Trump e all’avvio della fase restrittiva della Federal Reserve.
    Le prime indicazioni nei mesi iniziali del 2017, circa l’andamento dell’attività economica mondiale, sono nel complesso positive e sembrano confermare una possibile prosecuzione della ripresa a un ritmo relativamente regolare. Tuttavia, le incertezze, anche di natura politica, che riguardano le maggiori economie avanzate potrebbero avere impatti più o meno rilevanti: misure di politica economica e commerciale degli Stati Uniti, conseguenze economiche della “Brexit” nel medio periodo, scadenze elettorali che interesseranno diversi paesi dell’UEM e debolezze del sistema bancario (in primis italiano), evoluzione della politica monetaria europea e statunitense.
    Il 2016 dei mercati finanziari è stato caratterizzato da fasi di mercato diverse e contrastanti, in cui i principali catalizzatori sono risultati, in estrema sintesi, le scelte delle principali banche centrali (FED e BCE in testa), l’andamento estremamente volatile del prezzo delle materie prime e le incertezze ricollegabili alla crescita economica. I principali eventi di tipo politico (Brexit, elezioni US, referendum costituzionale italiano) non hanno creato, a posteriori, effetti tangibili sull’andamento dei mercati, al di là di prevedibili (ma temporanee) turbolenze legate ad esiti non scontati. In particolare, i timori circa la maggiore fragilità del contesto mondiale e il mancato accordo tra Paesi OPEC sul livello di produzione di petrolio hanno contribuito a deteriorare l’andamento dei mercati finanziari nei primi due mesi dell’anno con repentini aumenti dell’avversione al rischio, che hanno penalizzato le attività più rischiose e generato nuovi fenomeni di flight to quality. Fenomeni simili si sono registrati anche nei dintorni del referendum sulla “Brexit” e, successivamente, in prossimità delle elezioni americane di novembre, ma con effetti complessivamente limitati dal punto di vista temporale. Nel contesto di crescita relativamente moderata, le politiche monetarie delle banche centrali hanno pertanto assunto ancora maggior rilievo. A seguito del primo rialzo dei tassi dalla fine del QE nel dicembre 2015, la FED ha adottato una visione attendista sul ciclo di restringimentodella politica monetaria, rallentando il passo dei rialzi previsti per il 2016 (uno solo, di 25bps, a dicembre) e legandolo a progressi stabili e consolidati del quadro macroeconomico.

    La BCE ha invece ulteriormente potenziato le misure espansive attraverso il QE, portando il tasso dei depositi al minimo storico di -0,4% ed estendendo gli interventi anche al mercato dei corporate bonds. A dicembre ’16 anche la BCE ha fornito un ulteriore importante segnale al mercato, estendendo la durata del programma di QE (la cui scadenza originaria era prevista a marzo 17) fino a tutto il 2017 ma riducendo gli acquisti da 80 a 60 miliardi di euro al mese a partire da aprile (l’effetto netto è stato quindi espansivo con un apporto complessivo del programma che passa da 480 a 540 miliardi di euro di acquisiti), iniziando quindi ad introdurre la possibilità di un graduale “tapering” senza però fornire dettagli al riguardo. Anche la Bank of England è intervenuta in modo sensibile accentuando l’intonazione espansiva per contrastare gli effetti attesi dalla “Brexit” sull’economia britannica.

    Le misure monetarie, la graduale ripresa del prezzo delle commodities, i segnali di progressiva stabilizzazione di crescita globale hanno riportato nella seconda parte d’anno un clima di maggior fiducia sui mercati dei risky assets. Da ottobre in avanti sono inoltre tornati ad aumentare i rendimenti obbligazionari delle principali aree avanzate, influenzate dalla ripresa delle attese inflazionistiche a livello globale (in parte ricollegate ai prezzi energetici) e all’annuncio delle nuove politiche fiscali statunitensi che potrebbero condizionare gli orientamenti e le scelte della Fed. In tale contesto, in Italia si è acuita la preoccupazione per il settore bancario dovuta all’elevato livello dei “non performing loans” (NPL), all’eccessiva frammentazione del settore, alla necessità di aumentare la dotazione di capitali ed alla scarsa redditività legata ai bassi tassi di interesse. Nel corso dell’anno si sono dovuti adottare interventi straordinari volti ad evitare interventi di risoluzione delle banche maggiormente in crisi; in tal senso, la costituzione del Fondo Atlante, istituto per intervenire anche sul mercato del NPL, ha dovuto innanzitutto svolgere la funzione di ricapitalizzare le due banche venete in maggiore difficoltà. A fine anno, oltre all’annuncio dell’aumento di capitale di Unicredit, un decreto del Governo si è posto l’obiettivo di creare un fondo da 20 miliardi per sostenere le banche in difficoltà, finalizzato in particolare a permettere in primis la statalizzazione dell’istituto senese, e a intervenire su altri istituti di credito in difficoltà.

    Dal punto di vista dei risultati dei mercati finanziari sull’anno 2016, i mercati azionari hanno registrato rendimenti generalmente positivi, sostenuti in particolare dal forte recupero del IV trimestre, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, mentre c’è stata una maggiore sofferenza nell’area Uem, soprattutto in Italia di riflesso alle maggiori criticità riscontrate dal settore bancario. I mercati obbligazionari governativi hanno conseguito redditività complessivamente positive nell’anno (+0,9% Italia, +3,3% UEM, +1,1% USA), anche se più contenute rispetto agli scorsi anni e in importante arretramento nell’ultima parte dell’anno in cui sono tornati a crescere sia i tassi di riferimento Euro e US, sia gli spread tra paesi core e periferici, anche per l’intensificarsi di rischi di tipo politico. Anche sul segmento corporate i rendimenti sono risultati positivi sia sul segmento investment grade che su quello high yield, grazie alla riduzione degli spread creditizi ricollegabili principalmente nell’area Uem agli interventi espansivi della BCE e negli USA alla ripresa dei prezzi del settore energetico. Il tasso di cambio Euro-Dollaro si è infine mantenuto all’interno della fascia compresa tra 1,08 e 1,15 durante gran parte del 2016, per poi scendere al disotto del livello di 1,05 sul finire d’anno a seguito dell’ampliarsi del divario delle politiche monetarie tra le due Banche Centrali e alle aspettative divergenti sulle politiche fiscali connesse con l’elezione del nuovo presidente statunitense.

    1.2 La strategia di investimento adottata

    La gestione del patrimonio della Fondazione adottata nel corso del 2016 ha seguito l’approccio di strategia di allocazione inflation-target definito a metà 2013. Tale approccio, da assumere in funzione dell’evoluzione del contesto esterno (scenario reale e finanziario) ed interno alla Fondazione (crescita patrimoniale e fisionomia gestionale), poggia sul rispetto dei principi generali di indirizzo adottati fin dall’avvio delle attività della Fondazione e tuttora vigenti e sulla centralità dei concetti di diversificazione e controllo integrato dei rischi. Diversificazione da ricercare non solo per classi di attività ma anche per aree geografiche, strumenti e stili di gestione; controllo integrato dei rischi (non solo rischio di mercato, ma anche di credito, di liquidità, di controparte, di concentrazione, etc) da monitorare nel continuo e presidiare con processi/meccanismi rigorosi e trasparenti.

    Il portafoglio finanziario della Fondazione valorizzato ai prezzi di mercato, comprensivo delle giacenze di conto corrente, ammonta a fine 2016 a 542,8 milioni di euro.
    Nel rispetto di un modello di investimento (e delle sue evoluzioni nel tempo) basato sulla centralità della delega di gestione del patrimonio (da affidare prevalentemente ad intermediari abilitati, ai sensi del D.lgs. 58 del 24 febbraio 1998), la quota preponderante del portafoglio (oltre il 75% in media storica) è rappresentata dall’investimento su prodotti del risparmio gestito: il Quaestio Capital Fund – Global Real Return (comparto dedicato del veicolo ‘Ucits Quaestio Capital Fund’) e un portafoglio diversificato di sicav obbligazionarie convertibili.

    Relativamente all’investimento in Quaestio, la Fondazione ha intrapreso nel corso del 2014 un percorso di evoluzione del proprio modello gestionale/organizzativo, terminato nel 2015 e divenuto pienamente a regime nel 2016. Tale evoluzione risulta coerente con i principi sanciti dalla “Carta delle Fondazioni” in merito alla gestione del patrimonio e con l’allineamento dell’assetto organizzativo/gestionale della Fondazione alle best practices di mercato internazionali.

    Dopo il periodo di transizione, il 2016 è stato l’anno della “messa a regime” del nuovo modello gestionale offerto dalla piattaforma Quaestio, nell’ambito di un lavoro di continuo affinamento del modello da parte degli attori coinvolti (Fondazione, advisor e Quaestio) per risolvere eventuali criticità emerse e per sfruttarne appieno le potenzialità operative.

    Nel corso del 2016 sono stati svolti quattro Advisory Committees del ‘Quaestio Capital Fund Global Real Return’, con frequenza trimestrale (a cui si sono aggiunti frequenti scambi informali in corso d’anno), a cui la Fondazione partecipa tramite delega al proprio advisor, che fornisce apposita rendicontazione ex-post circa esiti e decisioni in esso assunte. L’Advisory Committee, avente potere consultivo e non decisionale, monitora l’andamento del comparto e del suo profilo di rischio in funzione del target ufficiale e degli obiettivi dell’investitore, controlla il rispetto dei limiti fissati nel prospetto e nell’Investment Management Agreement (IMA), discute lo scenario macroeconomico e finanziario e suggerisce strategie per la gestione, ferma restando la competenza esclusiva del gestore nella loro implementazione operativa.

    Gli Advisory Committee del 2016 sono stati guidati dall’obiettivo della Fondazione di minimizzare il rischio di incorrere in valorizzazioni del comparto inferiori al valore di conferimento e dalla necessità di generare un rendimento assoluto positivo indipendentemente dall’andamento dei mercati. Lo stretto monitoraggio e le manovre di contenimento dei rischi hanno contribuito ad attenuare gli effetti negativi dei mercati e a conservare il valore di conferimento della Fondazione anche nelle fasi di maggiore turbolenza dei mercati finanziari. In corso d’anno la gestione è risultata particolarmente complessa per l’esigenza, da un lato, di recuperare la performance negativa dei primi mesi dell’anno, dall’altro di introdurre, per effetto dell’evoluzione dei mercati, alcuni interventi correttivi (ad esempio, per contenere il costo della copertura del dollaro, cresciuto in corso d’anno per l’apprezzamento della valuta statunitense). Durante gli Advisory Committee il lavoro si è concentrato molto anche sulle analisi di performance contribution del comparto, con il supporto del risk management di Quaestio, al fine di comprendere nel dettaglio le determinanti dei risultati e dell’attività di overlay (prevalentemente tramite strumenti derivati) attivata da Quaestio per aggiungere valore alla performance. Nel corso degli Advisory Committee è stato così ridotto il costo della copertura del dollaro mediante la riduzione delle masse denominate in Usd e l’incremento della diversificazione mediante l’ingresso su nuovi pools disponibili nella piattaforma Quaestio. A tendere, si passerà al sistema di ‘full pooling’ che consentirà alla Fondazione di attingere all’occorrenza agli oltre 50 pools presenti (a fine 2016) sulla piattaforma Quaestio, terminando così il processo di adeguamento verso il nuovo modello gestionale. A fine 2016 la composizione del comparto ‘Quaestio Capital Fund Global Real Return’ era la seguente:

    *Il controvalore è calcolato al NAV del 30 dicembre 2016 (fonte Quaestio sgr)
    **La scomposizione per singoli pool è aggiornata al 30 dicembre 2016 (fonte Quaestio sgr)

    Nel corso del 2016 Quaestio ha adottato sull’intero veicolo Quaestio Capital Fund la politica SRI introdotta nel 2015 con il consenso degli investitori dei singoli comparti, basata su un approccio maggiormente condiviso (watch lists) anziché su un predefinito universo investibile (black lists), che implica non un divieto ma una moral suasion sui singoli gestori ad astenersi dall’investimento in tematiche socialmente sensibili e che stimola un approfondimento della tematica con i gestori delegati, molti dei quali dotati di politiche SRI proprie.

    La restante parte del portafoglio gestito della Fondazione faceva riferimento alle sicav obbligazionarie convertibili, sottoscritte direttamente dalla Fondazione ad inizio 2014 e dismesse interamente a novembre 2016. A marzo 2014 la Fondazione ha acquistato tre sicav obbligazionarie convertibili, al di fuori del veicolo Quaestio, per un ammontare investito totale di 17 milioni di euro, diversificate geograficamente (una globale con esposizione al rischio cambio, gestita da M&G Investments, e due focalizzate sul mercato dell’area Emu, gestite rispettivamente da Edmond de Rothschild AM e Groupama AM), scelte mediante apposite selezioni quali-quantitative di prodotti gestiti da operatori specializzati. Ad inizio febbraio 2016 la Fondazione ha dismesso la posizione su EdR, dopo un monitoraggio costante sugli ultimi mesi, e reinvestito la somma di circa 3,5 milioni di euro sulla sicav di Groupama, maggiormente efficiente sia in termini assoluti sia nel confronto con i competitors. A novembre 2016, le posizioni sulle due sicav, avendo accumulato performance positive e superiori sia agli obiettivi di redditività della Fondazione sia ai relativi benchmark, sono state interamente dismesse consolidando i risultati raggiunti e alleggerendo nel contempo i rischi del portafoglio complessivo in vista della chiusura d’anno.

    Tra gli investimenti a medio lungo termine a copertura del patrimonio netto oltre al portafoglio gestito vi sono anche gli investimenti in fondi chiusi. L’incidenza del totale investito su tale segmento risulta in aumento nel corso del 2016 rispetto alla sua media storica per effetto dei richiami di capitale di alcuni fondi non ancora completamente investiti (nessuna sottoscrizione di nuovi prodotti).

    Il portafoglio obbligazionario detenuto direttamente in deposito amministrato è diminuito sensibilmente nel 2016, sia per le diverse emissioni giunte a scadenza in corso d’anno sia per le vendite realizzate dalla Fondazione, poi non reinvestite (se non in misura contenuta) su strumenti di natura analoga per le condizioni dei mercati di riferimento (rendimenti piuttosto compressi). Ad inizio 2016, la Fondazione ha venduto due titoli di stato italiani (uno nominale a tasso fisso e uno indicizzato all’inflazione Europea) prima del movimento al rialzo dei rendimenti governativi italiani consolidando nel contempo una significativa plusvalenza. In corso d’anno la Fondazione ha inoltre svolto gestione attiva su un titolo di stato americano, aggiungendo così diversificazione al portafoglio complessivo: nella prima parte dell’anno ha acquistato il titolo approfittando del migliore rendimento a scadenza rispetto al Btp di pari durata e a novembre ha venduto il titolo stesso beneficiando del significativo apprezzamento del dollaro rispetto all’euro.

    Rilevante a fine anno in termini di ammontare il portafoglio liquidità della Fondazione (circa 51,2 milioni di euro, costituito unicamente da giacenze di c/c prevalentemente depositate su Unicredit), a seguito anche delle vendite realizzate dalla Fondazione nella parte finale dell’anno per alleggerimento del rischio complessivo e per il consolidamento dei risultati.
    Completa il quadro del portafoglio finanziario della Fondazione la partecipazione nella Vita Società Editoriale SpA, sottoscritta in sede di quotazione per un importo pari a € 50.000 e poi svalutata negli anni successivi. Tale investimento, rispondente più a logiche strategico-sociali che finanziarie, risulta iscritto in bilancio tra le “immobilizzazioni finanziarie” alla voce “altri titoli”.

    La tabella seguente riporta la composizione del portafoglio finanziario della Fondazione a fine 2016, sia a valori di bilancio nel rispetto dei principi contabili adottati dalla Fondazione, sia a valori di mercato.

    * Valori al netto delle commissioni di gestione

    1.3 Il risultato della gestione

    In linea generale, la Fondazione provvede al finanziamento delle proprie attività istituzionali attraverso i contributi in conto esercizio versati dalle fondazioni di origine bancaria (come previsto dal Protocollo di Intesa del 5 ottobre 2005 firmato dai soci della Fondazione e successivi aggiornamenti) e dai proventi ordinari derivanti dall’investimento del suo patrimonio finanziario, al netto delle spese di funzionamento e degli accantonamenti previsti dalle norme statutarie.

    Nel 2016 i contributi in conto esercizio versati dalle Fondazioni di origine bancaria ammontano ad € 10.785.137.

    1.4 Il risultato della gestione finanziaria

    Nel corso del 2016 è giunta a scadenza naturale la strategia di investimento triennale che richiedeva al portafoglio di raggiungere un rendimento obiettivo medio di redditività annuo netto del 3,7%.
    Nell’anno 2016 il portafoglio finanziario della Fondazione ha ottenuto un rendimento pari a – 1,6%. Tale risultato è ascrivibile prevalentemente alla performance inferiore agli obiettivi del comparto Quaestio Capital Fund Global Real Return (-2,2% sull’intero 2016). La performance negativa del 2016 è stata condizionata soprattutto da un’esposizione azionaria netta all’Europa più elevata rispetto agli Stati Uniti nel primo bimestre dell’anno, in una fase in cui l’Europa è stata più duramente colpita dalle turbolenze e dalle tensioni dei mercati finanziari, e dal costo della copertura sistematica delle posizioni in dollaro statunitense peraltro innalzatosi in corso d’anno.

    Negativa sul 2016, seppur di minore entità, anche la performance del portafoglio di sicav convertibili (-0,4%) sottoscritto a marzo 2014 e interamente venduto a novembre 2016 per alleggerimento rischi in vista della chiusura d’anno e realizzo di una significativa plusvalenza contabile. Positivi invece i contributi al risultato del 2016 del portafoglio obbligazionario detenuto direttamente (+1,7%) e il portafoglio fondi chiusi (+0,7 %) con i dividendi staccati.

    Nonostante il risultato negativo del 2016, il portafoglio ha però sostanzialmente raggiunto gli obiettivi della strategia triennale giunta a scadenza naturale a luglio 2016, proseguendo quindi il soddisfacente andamento di lungo termine che aveva già permesso di raggiungere pienamente gli obiettivi della strategia di investimento “di start up” avente orizzonte quinquennale (giugno 2008-giugno 2013). Il profilo di rischio complessivo, monitorato nel continuo, si è mantenuto in linea con la sua media storica (4% circa), nonostante l’accentuata volatilità scontata dai mercati finanziari nei periodi più recenti.

    In ottica contabile, tenendo conto dei principi adottati dalla Fondazione, che prevedono l’iscrizione al Conto Economico delle minusvalenze maturate e delle plusvalenze solo se effettivamente realizzate, il portafoglio finanziario ha registrato proventi netti di competenza 2016 pari a 3,8 milioni di euro. Nella tabella che segue è presentato il contributo di ciascun sotto-portafoglio al risultato di gestione a valori di bilancio e a valori di mercato (esclusa la redditività derivante dai contributi in conto esercizio versati dalle fondazioni bancarie).

    In termini assoluti il maggior contributo al risultato a valori di bilancio è attribuibile ai proventi del portafoglio obbligazionario detenuto direttamente, grazie soprattutto al realizzo di plusvalenze da vendita titoli, seguito da quello del portafoglio sicav convertibili venduto interamente a fine 2016 con consolidamento plusvalenze.

    I fondi chiusi contribuiscono al risultato complessivo con i proventi netti distribuiti nell’anno pari a 227 mila euro, imputabili principalmente alle distribuzioni dei fondi F2i, e con le svalutazioni che la Fondazione propone di effettuare per un importo complessivo di 2,3 milioni di euro. Nullo l’impatto contabile 2016 della posizione sul Quaestio Capital Fund Global Real Return. Infine, gli strumenti monetari, Time Deposit e liquidità in conto corrente, partecipano al risultato complessivo con gli interessi maturati nell’anno, per circa 118 mila euro netti. A fine anno si rilevano sugli strumenti in portafoglio plusvalenze latenti nette complessive pari a 4,48 milioni di euro, di cui circa 3,9 milioni di euro ascrivibili al comparto Quaestio Capital Fund Global Real Return e circa 500 mila euro sulle obbligazioni dirette.
    Negativi invece i proventi 2016 del portafoglio considerato a valori di mercato, per effetto soprattutto del decremento di valore del comparto Quaestio nel 2016 rispetto a fine 2015.

    1.5 L’evoluzione prevedibile della gestione economica e finanziaria

    Lo scenario economico sembra orientarsi verso una fase di maggiore stabilizzazione. I mercati finanziari resteranno tuttavia influenzati dalle incertezze sull’efficacia delle politiche monetarie e dalle elevate incognite politiche che non sembrano aver finora avuto un impatto di rilievo. La conseguente volatilità che tali effetti manterranno presumibilmente elevata dovrà necessariamente porre ancora al centro dell’asset allocation strategica della Fondazione e della sua evoluzione tattica il ruolo della massima diversificazione di portafoglio e del controllo integrato dei rischi.

    1.6 Fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura d’esercizio

    Nel periodo intercorso tra la data di chiusura dell’esercizio e quello di redazione del bilancio non si rilevano fatti di rilievo intervenuti nella gestione della Fondazione.

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